la storia di Bernalda ...tra storia e leggenda
L’antica nome di Bernalda era Camarda citata come ignobilis pagus , istituito da Umfredo d’Altavilla (+ 1057), un casale di pastori e coloni, molti dei quali confinati di varie etnie, era ubicata su "una spianata" sotto il feudo di Montescaglioso.
Sulla ubicazione di tale spianata vi è un importante contenzioso in atto tra gli studiosi, i libri riportano che Camarda fosse nei pressi della chiesa di San Donato, visto che tale santo era anche il patrono della stessa, ma tanti nuovi elementi fanno propendere per una posizione diversa, ossia quella attuale del centro storico, ossia in posizione dominante sulla valle del Basento.
La ristrutturazione del castello ,terminata del 2018, ha reso evidenti nuovi elementi, che ci porteranno inevitabilmente a riscrivere la storia di Bernalda e soprattutto quando avranno terminato tutti gli studi nei locali interrati..
Nel 1470 Camarda apparteneva al barone Pirro del Balzo, detto signore mori nella congiura dei Baroni a Miglionico e il feudo passò nelle mani di Bernardino de Bernaudo, già segretario di Ferdinando I. Camarda prima divenne autonoma da Montescaglioso e poi il De Bernaudo le cambiò il nome , prima in Terra Bernaudi, poi Bernauda e quindi Bernalda.
L'antico centro medievale dvenne popoloso, posizionato sulla collina e dominava la valle attorno ad una fortezza originaria di dimensioni 20x20. L'ampliamento di tale fortezza divenne parte integrante di questo Castello.
Il De Bernaudo volle ridisegnare personalmente l’impianto urbanistico della città, impostando 7 larghe strade lungo la direttrice nord – sud, intersecate da 8 strade che si sviluppavano lungo la direttrice est – ovest, con tra porte d'ingresso.
Per la nuova città fu scelto come protettore San Bernardino.
La popolazione, frattanto, andava aumentando di molto tanto che nel 1561 risultavano 284 fuochi e nel 1595 673 fuochi , ma man mano che Bernalda cresceva diventavano sempre più complesse le controversie con il comune di provenienza (Montescaglioso) sull'uso delle risorse presenti nelle campagne tra i due comuni, controversie che spesso sfociarono in vere e proprie battaglie con morti da ambo i fronti, i bernaldesi più volte hanno cercato con la forza di poter coltivare nuovi terreni incolti siti tra i due comuni. La controversia divenne legale e terminò quasi 500 anni dopo, nel 1976, con l'assegnazione delle terre contese a Bernalda.
A comandare il paese, nel frattempo, si erano succeduti molti nobili fino a Donna Chiara Penchi che, oppressa dai troppi debiti, lasciò il feudo a Bernardino Bernaudo junior. Oltre al succedersi di vari nobili la popolazione dovette subire anche le scorrerie dei corsari che nel mese di luglio del 1677 rapirono e uccisero molti uomini e donne. Morirono in quell’occasione otto persone, alcuni furono riscattati, alcuni ridotti in schiavitù e diverse donne furono costrette a diventare mogli dei Turchi.
Dopo molte traversie nel 1687 il feudo fu messo in vendita e fu acquistato per 25mila ducati da don Miguel Perez - Navarrete, che acquisì anche il titolo di duca.
Il 20 gennaio del 1735 il re Carlo III di Borbone sostò nel castello dei Perez - Navarrete e conferì a Bernalda il titolo di città.
Il duca Perez - Navarrete era un signore ingordo e spesso ampliava i suoi possedimenti a scapito dei comuni limitrofi , ma anche dei contadini . A rompere le uova nel paniere del duca ci pensò Don Filippo Ambrosano ,che difese i contadini bernaldesi dall'ingordigia del duca, ma la sua opera si interruppe tragicamente, infatti la morte lo colse a Napoli durante i moti rivoluzionari del 1799.
Proprio nello stesso anno dimorò nel castello per due giorni tra il 2 e il 3 maggio il cardinale Fabrizio Ruffo a capo dei sanfedisti, parente dei Perez-Navarrete.Il cardinale fece sosta durante la sua marcia su Matera e Altamura. Il cardinale disse messa solenne nell'attuale Piazza San Bernardino e secondo alcuni scritti si impossessò di un antico cannone presente nel piazza antistante al castello.
Agli inizi del 800 nel centro storico di Bernalda non vi era erano più aree edificabili e Napoleone concesse all'Università di Bernalda l'autorizzazione a realizzare un quartiere fuori le mura, oltre la porta maggiore, il primo quartiere fu quello della Carrera e a seguire il Borgo Nuovo,fatto di strade ortogonali a destra e sinistra di una importante ed ampia via principale, l'attuale Corso Umberto.
La popolazione aumentò fino a 7mila abitanti durante il periodo fascista ed occorrevano nuove terre per sfamare la popolazione e i tributi comunale Si arriva così al 22/12/1932 giorno in cui a Bernalda fu assegnato il territorio di Metaponto, togliendolo a Pisticci e Montescaglioso.
Bernalda e la sua storia
Pubblichiamo questo lavoro sulla storia di Bernalda, fatta dal prof. G.PALAZZO,ma i dubbi sulla ubicazione di Camarda restano tutti.
L’antica Camarda citata come pagus [1] istituito da Umfredo d’Altavilla (+ 1057) nel territorio di Montescaglioso, verso la fine del ‘400 è ricordata come Casale [2] di Montescaglioso. Tale casale sorgeva sulla spianata a sinistra dell’attuale chiesa di S. Donato ed era formato da un buon numero di coloni e pastori. I Camardensi esercitavano pacificamente sui demani dell’Università tutti gli usi civici:
Usi civici di prima classe: pascere, acquare, pernottare, cavare pietre.
Usi civici di seconda classe: legnare, cuocere, produrre calce e mattoni, raccogliere frutti agresti.
Usi civici di terza classe: seminare grano e legumi, occupare terreni per farvi piantagioni.
Con questi diritti i Camardensi si costruirono ricoveri, lavorarono la terra, seminarono alberi da frutta, essendo sottoposti ad un segretario che esercitava i diritti baronali col titolo di Toparca. Intorno al 1470 Pirro Del Balzo che, sposando Maria Donata Orsini aveva da lei ricevuto in dote le contee di Montescaglioso e Copertino, decise di spostare il casale di Camarda e per l’aria insalubre e per le scorrerie, in un luogo più salutare. Pirro Del Balzo fu, in seguito, coinvolto nella congiura dei baroni e morì nelle prigioni di Castelnuovo. La contea di Montescaglioso fu prima avocata al fisco e in seguito fu ereditata da Federico II che la lasciò al suo assistente Berardino Bernaudo, già segretario di Ferdinando I. La Terra Bernaudi [3] diventò, quindi, autonoma da Montescaglioso per infeudazione.
L'antico centro medievale fu, com’è stato ricordato poc’anzi, ricostruito e ripopolato sulla collina che dominava la valle attorno alla torre normanna che divenne parte integrante del futuro Castello [4]. Il Bernaudo volle ridisegnare personalmente l’impianto urbanistico della città, impostando sette larghe strade lungo la direttrice nord – sud, intersecate da otto strade che si sviluppavano lungo la direttrice est – ovest. [5] Tale insediamento offriva migliori garanzie di difesa. Per la nuova città fu scelto come protettore San Bernardino. La chiesa matrice, a lui dedicata, si presenta attualmente con cupole in stile bizantino.
Il principe Federico nel 1489 ordinò al notaio Riccardo Caposanto di redigere un inventario dei suoi possedimenti. [6] I dissapori con i montesi [7] iniziarono molto presto e portarono le due parti ad una prima convenzione il 3 febbraio 1515. [8] La popolazione, frattanto, andava aumentando di molto tanto che nel 1561 risultavano 284 fuochi e nel 1595 673 fuochi [9]. Bernalda, sin dalla sua nascita come si è visto, ebbe il problema di gestire il rapporto tra la sua gente e le terre circostanti con controversie per esercitare gli usi civici che si verificarono svariate volte durante i secoli e si chiusero solo nel secolo scorso. Il feudo, infatti, si trovava tra i territori di Montescaglioso e quello dei padri benedettini di S. Angelo della Vinella. A tal proposito l’otto marzo 1520 fu sottoscritto un nuovo accordo per dirimere l’ennesima contesa tra il monastero di S. Michele Arcangelo, l’Università di Montescaglioso e quella di Bernalda. [10] Questo accordo non bastò, fu redatto un altro nel 1535 [11], ma non placò gli animi tanto che i bernaldesi si appellarono al Sacro Regio Consiglio che con sentenza del 31 gennaio 1579 relatore il commissario Vitelli decise che: “ … Universitatem et homines Bernaudi esse manutenendos in possessione pasculandi, aquandi, lignandi et pernoctandi in territorio terrae Montis Caveosi …” una sentenza che riconosceva ai bernaldesi i loro diritti civici sull’intero territorio di Montescaglioso.
Ci furono altre sentenze in favore di Bernalda nel 1587 [12] e nel 1592, ma furono ribaltate da un’altra sentenza, dopo l’invasione della contrada Avinella, nel 1595 [13], scavalcata a sua volta da un provvisionale del 1597 che, confermando i giudizi a favore di Bernalda, riprodusse per intero la stessa formula della sentenza del 1579. Nel 1619 il commissario Coronita del Sacro Regio Consiglio diede nuovamente ragione ai Bernaldesi che protestavano perché tutto il demanio Campagnuolo era stato trasformato in difesa [14] dai montesi per dieci anni. Durante il 1628 nelle lotte per il demanio Campagnuolo e nel 1647 [15] per il demanio dell’Avinella morirono molti bernaldesi e montesi che si contendevano nuovamente la terra. A comandare il paese, nel frattempo, si erano succeduti molti nobili fino a Donna Chiara Penchi che, oppressa dai troppi debiti, lasciò il feudo a Bernardino Bernaudo junior. Oltre al succedersi di vari nobili la popolazione dovette subire anche le scorrerie dei corsari che nel mese di luglio del 1677 rapirono e uccisero molti uomini e donne. Morirono in quell’occasione otto persone, alcuni furono riscattati, alcuni ridotti in schiavitù e diverse donne furono costrette a diventare mogli dei Turchi. Dopo molte traversie nel 1687 il feudo fu messo in vendita dal Regio Fisco e acquistato per 24779 ducati da don Miguel Perez - Navarrete, marchese di Laterza che acquisì anche il titolo di duca. Nel 1690 il nuovo duca si accordò con i padri benedettini di Montescaglioso affinché i suoi cittadini potessero acquare, pascolare, legnare, e pernottare sui territori contesi del demanio. Nel 1710 ci fu un nuovo scontro con i montesi che difendevano il demanio della Lumella da un’invasione di bernaldesi che si erano spinti sin lì per fare cesine [16] e semina, tagliando anche querce. Il Sacro Regio Consiglio accertò l’eccessivo taglio di alberi, ma confermò che i Bernaldesi avevano il diritto di pascere e legnare. Il 12 giugno 1711 [17] furono registrati a Bernalda nuovi confini tra quest’ultima e Pisticci dopo che furono apposti venti termini lapidei [18]. In un’altra occasione, nel 1717, ai Bernaldesi fu confermato il diritto di: ”acquare, lignare, pascolare e altro in tutti ii Territori della detta Terra di Montescaglioso…”
Il 20 gennaio del 1735 il re Carlo III di Borbone sostò nel castello dei Perez - Navarrete e conferì a Bernalda il titolo di città. Sempre nello stesso anno il Gaudioso [19] scrisse che l’abitato di Bernalda era su un colle, tra i fiumi Bradano e Basento e che aveva circa 2.000 abitanti dediti all’agricoltura, alla caccia e alla pesca fluviale. Erano stati censiti 387 fuochi. L’Università ( ilComune) aveva una rendita di 683 ducati ricavati per lo più dalla Difesa di S. Donato adibita al pascolo, mentre il marchese Perez - Navarrete percepiva dai suoi possedimenti 1500 ducati. Appena due anni dopo, l’avidità portò il marchese Perez - Navarrete a pignorare la difesa di San Donato. Il Sacro Regio Consiglio intervenuto nuovamente nel 1740 decise la promiscuità in toto territorio Montescaveosi e del territorio, promiscuo fin dal 1697, per ordine della Gran Corte della Vicaria furono disegnate piante e tavole da cui risultava un estensione complessiva di 363 carra, circa 9000 ettari. Pochi anni dopo nel 1743 in una memoria accusatoria redatta da D’Avena Domenico Antonio per conto dei benedettini di S. Michele Arcangelo a sfavore di Bernalda erano portate nuove ragioni contro gli sconfinamenti dei bernaldesi nella difesa dell’Avenella. Non sappiamo come questa vicenda sia finita, ma abbiamo notizia che nel 1760 il barone di Montescaglioso fece trafugare dal Grande Archivio, tramite il suo segretario Felice Fortunati [20], il grosso volume che conteneva atti comprovanti le legittime ragioni dei bernaldesi. Nuovamente durante il 1796 un gruppo di contadini bernaldesi invase il bosco dell’Università di Pisticci a causa delle precarie condizioni economiche del paese. Sempre in quegli anni il dottore in utroque jure don Filippo Ambrosiano difese i suoi concittadini dall’ingordigia del Perez - Navarrete che voleva impadronirsi della Cisterna Grande una riserva d’acqua pubblica, ma non riuscì ad evitare i tumulti [21]. Fu don Filippo che tentò di scrivere in modo ordinato e sistematico un’Istoria civica di Bernalda, ma la morte lo colse a Napoli durante i moti rivoluzionari del 1799. Proprio nello stesso anno dimorò nel castello per due giorni tra il 2 e il 3 maggio il cardinale Fabrizio Ruffo. Alla fine del 1700 la popolazione di Bernalda era ancora aumentata fino a quasi 3.000 persone. Durante il XVII secolo le mura che circondavano la città risultavano essere quasi completamente distrutte a causa dell’incuria degli uomini, che riutilizzarono i blocchi per le proprie abitazioni, e per il lento scorrere del tempo [22]. Nello slargo fuori della Porta Maggiore, ex Largo Osannale, odierna Piazza Garibaldi, vi era oltre al mercato, una croce in pietra pipernina [23] spostata dal XVIII secolo in avanti in vari punti del paese fino all’attuale collocazione vicino alla chiesa di S. Donato.
Il popolo e l’Università in quanto proprietari della Chiesa Madre corrispondevano al clero il grano per le ostie, l’olio per le lampade poste davanti all’altare e alla statua di S. Bernardino e il giorno prima del 20 maggio anche la fune per le campane, oltre ad altre donazioni [24]. La festa di S. Bernardino che era celebrata solo il 20 maggio con solenni primi e secondi vespri vedeva coinvolto tutto il paese. Durante la solenne processione oltre alla statua di S. Bernardino erano esposte molte preziose reliquie di santi. Si era soliti allora, tradizione che permane, sparare i mortaretti o con gli archibugi. La processione era preceduta da numerosi fanti e cavalieri in costume, mentre dietro la statua vi erano molti bernaldesi e forestieri che accorrevano qui dai paesi vicini a causa della fiera che si svolgeva il giorno dopo. A conclusione della festa venivano esplosi dei fuochi pirotecnici in due occasioni, uno la sera prima del 20 maggio pagato dal popolo e l’altro pagato dal Comune il giorno della festa. Oltre a ciò venivano fatti sparare alcuni colpi di cannone. In alcuni anni veniva organizzato un palio con le corse e la lotta. [25]
Nel XIX secolo vi furono molte turbolenze dovute alle continue lotte per la terra e al nascere di nuovi spiriti liberi. Nella prima metà dell’Ottocento i bernaldesi si erano raddoppiati fino a raggiungere i 6.000 abitanti. Molti bernaldesi parteciparono ai moti del 1820 – 1821, a quelli del 1848 e ci furono anche carbonari, mazziniani e massoni. Molti braccianti e contadini nel 1848 chiesero al comune di assegnare nuove terre, ma solo alcuni democratici organizzatisi in una corrente radicale sfruttarono questo malcontento per acquistare la fiducia e il sostegno del popolo Tra il 13 e il 15 maggio di quell’anno migliaia di bernaldesi occuparono i boschi di Montescaglioso [26]. Il 31 maggio l’opera fu completata invadendo anche il bosco montese di Vetrana.
Il grande tessitore della politica rivoluzionaria di quegli anni fu il notaio Berardino Greco, ma anche altri si distinsero nella lotta contro i Borboni entrando a far parte del Circolo Costituzionale di Pisticci. I problemi igienici e sanitari restarono, però, irrisolti tanto che ci furono molte epidemie una di vaiolo nel 1850 e nel 1856 una di colera. Durante quest’ultimo anno i bernaldesi decisero di ringraziare S. Bernardino, che aveva allontanato la malattia, festeggiandolo una seconda volta alla fine del mese di agosto.
Intanto nel resto della penisola stavano accadendo cose nuove come la partenza, qualche anno dopo, della spedizione dei Mille in aiuto della quale vi furono ben 15 bernaldesi che seguirono Garibaldi sul Volturno [27]. Dopo l’unità d’Italia non furono rispettate le promesse di ridistribuzione della terra e furono privilegiati sempre i ceti più alti.
Nel 1862 alcuni briganti tra cui Nicola Gallitelli, Domenico Petrocelli e Vincenzo Zambrella spezzarono i termini lapidei eretti tra il territorio bernaldesi e quello di Pisticci, facendo seguire a quest’azione le vendette contro i proprietari terrieri che sfruttavano i contadini. In paese, invece, la spartizione dei beni appartenuti ai monasteri presenti a Bernalda nel 1864 non soddisfò nessuno [28]. La popolazione, infatti, non aveva risolto i suoi problemi di povertà ed analfabetismo tanto che si arrivò agli scontri dell’8 aprile 1888 per contestare la tassa sul focatico. Lo sviluppo urbano del paese si era ormai spinto oltre Piazza Garibaldi [29]. Il secolo scorso si aprì con una situazione non particolarmente diversa dall’800, con una situazione amministrativa disastrosa e con un magro bilancio comunale che non riusciva a coprire tutti i fabbisogni della popolazione. Urgeva costruire una rete fognaria decente, perché le epidemie erano all’ordine del giorno e, quindi, molta gente preferiva emigrare verso paesi esteri. Poi venne la prima guerra mondiale in cui morirono 120 bernaldesi e la conseguente crisi che sfociò in altri tumulti. Negli anni ’20 del 1900 ci furono alcune distribuzioni di terre ai reduci, ma con pochi risultati concreti per la popolazione. Il 31 gennaio 1923 Bernalda acquistò una risonanza nazionale a causa degli scontri tra fascisti e nazionalisti e per i tre morti. Negli anni seguenti il paese fu sede di confino. Si arriva così al 22/12/1932 giorno in cui, con la legge 1748, a Bernalda fu assegnato il territorio di Metaponto, togliendolo a Pisticci e Montescaglioso. Alla seconda guerra mondiale presero parte molti i bernaldesi e, anche in questo caso, molti non ritornarono a casa. Nel dopoguerra vi furono cruenti scontri tra i reduci scontenti e il ceto dei proprietari tanto che furono occupate molte terre. La situazione si risolse con l'accerchiamento del paese da parte dei carabinieri per soffocare la rivolta.
Con l’inizio degli anni ’50 del secolo scorso ci furono nuove distribuzioni di terre, poi alienate dagli stessi beneficiari. Nel 1959 il Commissario liquidatore degli Usi Civici diede ragione ai bernaldesi per le loro rivendicazioni sui demani dell’Avenella e Campagnuolo e sciolse la promiscuità con il territorio montese [30]. Nei decenni successivi il boom economico portò una nuova stagione d’emigrazione verso il nord o verso la Germania, ma furono aperte anche le grandi fabbriche nella Val Basento che assorbirono un buon numero di persone [31]. Durante quegli anni furono molti gli scioperi generali oltre ai contrasti politici tra i sostenitori dei principali partiti nazionali. Nel 1978 il 4 marzo si concluse a favore di Bernalda il secolare contenzioso con il comune di Montescaglioso. Negli anni ’80 e ’90 dello scorso secolo la città di Bernalda si è estesa ancora dal punto di vista urbanistico, sono state realizzate nuove opere pubbliche, è sorta una piccola zona industriale.
Non molto distante da Bernalda si trova l'area archeologica di Metaponto. Bonificata ai tempi della riforma fondiaria, la zona è ancora in gran parte agricola. Vi sono: cereali, agrumi, viti, olivi, ortofrutta, floricoltura, allevamento. Tra le industrie a Bernalda prevalgono quelle tessili e di trasformazione alimentare, oltre ad essere attivo l'artigianato del legno e del ferro battuto.
[1] Pagus: villaggio rurale.
[2] Cfr. Tanzi S., Istoria del Monastero di S. Michele di Montescaglioso, pp. 25 – 26, 92 – 93, 118 – 119, 134,140; Fascio 856, incarto 1762, Pandetta n. 4, Sez. Giustizia; Fascio 53 – 58, Sez. Amministrativa nell’archivio di stato di Napoli. Il Casale era più importante rispetto al rurale pagus ed aveva una sua, sia pur piccola, autonomia dalla madrepatria.
[3] In molti documenti è questa la denominazione che compare per designare Bernalda.
[4] Il castello aveva quattro bastioni circolari più una torre normanna quadrata ed era circondato da un fossato. C’era un solo ingresso collegato alla porta delle mura da un ponte levatoio che nel 1745 fu sostituito da uno in muratura. Nella piazza del castello vi era un cannone che era servito per difendersi dai corsari e che fu spostato dalle truppe del Cardinal Ruffo. Oltre alle due porte citate vi era un’altra porta detta Portella, posta ad occidente dell’abitato.
[5] La strada più importante metteva in collegamento le due porte principali del paese, quella vicino al castello da cui si dominava la vallata e quella detta Maggiore rivolta verso l’interno. L’ordine del sistema viario rifletteva un’attenzione particolare del feudatario verso l’urbanistica classica, tanto che ancora oggi sono rimaste delle insulae rettangolari che hanno una lunghezza variabile e una profondità di circa 16 – 20 metri.
[6] In questo inventario c’era scritto che il casale di Bernauda olim Camarda faceva parte della baronia di Montescaglioso e che i cittadini godevano il diritto di cittadinanza come membri della stessa baronia con la facoltà di pascere, acquare, legnare nel comune demanio della Baronia, sia nel demanio grande detto Campagnuolo, sia in quello Feudale. Oltre a queste notizie vengono segnalate molte indicazioni di confine della contea di Mons Caveosus.
[7] Oltre agli interessi sulle terre delle due Università quella di Montescaglioso e quella di Bernalda c’erano anche quelli dei PP. Benedettini del Monastero di S. Michele Arcangelo e dei PP. Benedettini della Badia di S. Angelo.
[8] In tale convenzione viene ricordato come: “ …dopo per lo predetto Sig. Ill. mo Principe Pirro de Baucio essa difesa di Camarda fu ridotta in cultura a demanio e lì fè l’abitazione di mille case, e di uomini e donne di loro famiglia, che concorsero in detta difesa per la comodità del detto luogo, e fatto il casale e ridotta ad abitazioni si chiamò Camarda dal nome di detta difesa, ovvero così anticamente detto casale s’avesse chiamato per edificio antico che in quella appariva concedendogli il detto sig. Principe Pirro agli abitanti di detto luogo e casale solum un luogo per difesa dei loro bovi domiti …”.
[9] Cfr. Giustiniani L., Dizionario Geografico – Ragionato del Regno di Napoli, Napoli, 1797. Lo stesso ricorda che Bernalda è: popolata da gente umile che viveva dell’agricoltura e della pastorizia, che vestiva panni di lana che producevano loro stessi e dormiva in pagliericci.
[10] I due pubblici accordi furono redatti dal notaro Mauro Lombardo di Montescaglioso. Il primo atto riguardava la difesa della Avenella il secondo stipulava l’accordo tra le parti con la precisazione che a parte la difesa della Avenella, tutto il restante territorio restava in comune demanio e pascolo per gli animali dei cittadini di Bernalda e Montescaglioso.
[11] Lo strumento afferma che il demanio Avinella è di proprietà esclusiva di Montescaglioso.
[12] La contea di Montescaglioso, intanto, fu messa all’asta per i debiti di don Giovanni D’Avolos, fu avocata al Fisco e per ordine del Sacro Regio Consiglio l’apprezzo fu redatto dal tavolario Mercurio Manco con verbale del 20 giugno 1587 nel quale si dice: “S’abbia di mira che nel territorio della città di Montescaglioso i cittadini della terra di Bernalda ci hanno comunità e jus di poter pascere, acquare, legnare, pernottare e fiare tutto quello che fanno i cittadini di Montescaglioso. Altri apprezzi furono redatti dai tavolari Sacco nel 1657 e Cafaro nel 1672.
[13] Nello stesso anno Bernalda veniva tassata per 673 fuochi.
[14] Difesa sta per riserva, territorio protetto e riservato da una Università con diritto esclusivo.
[15] In un altro documento di quell’epoca si fa riferimento a scontri provocati da bernaldesi nelle difese di S. Michele Arcangelo di proprietà del Monastero di S. Lorenzo di Padula.
[16] Cesinare sta per abbattere, tagliare. Lat. caesum da caedo.
[17] Già nel lontano 1667 i Padri Certosini vollero formare il Cabreo o platea del latifondo S. Basilio e diedero l’incarico ad un geometra, notaio e canonico di Ferrandina di cognome Grammatico che con l’aiuto di testimoni ed esperti di Pisticci e Bernalda svolse il proprio compito.
[18] Di questi termini i primi otto furono posti sulla linea di confine tra S. Basilio e S. Teodoro e l’ottavo precisamente fu eretto in un sito che veniva indicato con tali parole: In via pubblica, per quam itur a terra Bernaldae ad castrum seu rus Sancti Basilici prope arborem olivae selvaticae.
[19] T. Pedio a cura di, Le grandi inchieste sulle regioni meridionali. La relazione Gaudioso sulla Basilicata (1736), Bari, 1965.
[20] Il Fortunati scampò miracolosamente all’arresto riuscendo a fuggire in Sicilia.
[21] Altre sollevazioni vi furono nel 1792 per difendere i pozzi delle tre fontane.
[22] Le mura avevano delle torrette infrapposte alle porte e dei baluardi.
[23] Vicino alla croce nella domenica delle palme veniva lasciata la palma benedetta ed era cantato l’osanna in excelsis. Per questo motivo Largo Osannale.
[24] La Chiesa Madre si presentava inizialmente a due navate con cappelle sul lato orientale e Cappelloni del SS. Rosario e del Purgatorio ad occidente. Vi era, inoltre, un campanile a due piani e un cimitero.
[25] I lottatori bernaldesi erano celebri e richiesti dalle vicine province di Lecce e di Bari.
[26] Vennero invasi i demani della Bufalara e della Lumella.
[27] CARELLA Giuseppe, DELL'OSSO Antonio, DELL'OSSO Berardino, DELL'OSSO Donato, DISTASI
Giuseppe, EPIFANIO (BEFANIO) Nunzio, FIGLIUOLO Angelo, GIAGNI Nicola, GIOIA Alessandro, GLIONNA Antonio, MARSILIO Gennaro, MAZZELLA Luigi, RISIMINI Francesco, RUSSO Antonio, TORRACA Donato.
[28] Erano presenti a Bernalda due monasteri uno dei Francescani Minori Riformati, ora sede del Municipio e l’altro dei Francescani Conventuali, trasformato prima in cinema poi in sala per conferenze. Nello stesso anno il 15 aprile fu ucciso dalla Guardia Nazionale il brigante Gallitelli detto Cinarra.
[29] Alla fine dell’Ottocento Bernalda superò i 7.000 abitanti.
[30] Alla fine degli anni ‘50 la popolazione era cresciuta fino a 10.825.
[31] Ci furono anche miglioramenti fondiari e nuove opere per l’irrigazione delle terre.
di G.Palazzo