Praticamente sconosciuto ai non addetti ai lavori ed alla popolazione locale è il Castrum romano, sito a Sansone, sul lato apposto alla strada di accesso al Parco Archeologico, verso il mare,recintato e pieno di erbacce. In esso sono presenti i resti di una basilica paleocristiana con battistero di epoca bizantina. Per portare alla luce il sito sono stati necessari 7 anni di scavi tra gli anni 70-80 ,ma aperto al pubblico e particamente è in uno stato di totale abbandono. Il Castro romano è la zona adiacente al parco archeologico di Apollo Licio, dal lato opposto della strada di accesso, tra questa e la ferrovia.(1) (2).
A seguito delle continue disfatte,(guerre puniche e guerre controTaranto), Metaponto subisce un pesantisssimo ridimensionamento anche urbano, viene realizzato un nuovo insediamento romano,una fortificazione di difesa, il Castrum, adiacente verso il mare all'anfiteatro.Realizzazto attorno al 300 a.c. Tale insediamento avrà una sua particolare importanza economica in quanto è realizzato sul porto sul Lago di Santa Pelagina, fino al IV-V sec d.c.Un lago salato artificiale in collegamento con il mare mediante un canale che tagliava la duna. Il porto è punto di riferimento delle espostazioni delle produzioni agricole dell'entroterra,soprattutto grano e di vino. Era la Metaponto dell'età imperiale romana,il sito diviene popoloso,un insediamento paleocristiano importante, gli scavi hanno portato alla luce tra l'altro la pianta di una Basilica Bizantina a tre navate con battistero, delle dimensioni di 23x13 metri ed una stazione termale. Secondo gli storici la basilica era dedicata alla Vergine Maria. Il sito dopo il VI secolo fu progressivamente abbandonato(a seguito di un grande incendio) mentre si popolava attorno ad un complesso monumentale un altro sito importante, Turris Maris, datato (?) solo attorno all'XI secolo. Il nuovo insediamento è sul fiume Basento da cui , probabilmente, è possibile attraccare con le imbarcazione sia sul fiume che direttamente sul lago di Santa Pelagina. Di questo periodo di Metaponto vi è traccia sulle carte geografichesolo come stazione di passaggio dopo addirittura sparisce anche il nome Metaponto e al suo posto nelle mappe dell'epoca troviamo prima Turris Maris, poi Turiostu, poi Civitas Sanctae Trinitatis, poi Torre a Mare e solo dopo l' 800 viene mappato nuovamente come Metaponto dai grandi viaggiatori stranieri.
Il castro e la Basilica della Vergine Maria viene individuato dal archeologo M.Lacava nell'800 , le fondamenta portate alla luce negli anni 80 e purtroppo ancora oggi non sono accessibili al pubblico.
Riportiamo uno stralcio di una pubblicazione presente sul web della prof.ssa Liliana Giardino, docente ordinario presso dell'Università di Lecce .
Grumentum e Metaponto. Due esempi di passaggio dal tardoantico all'alto medioevo in Basilicata
In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes T. 103, N°2. 1991. pp. 827-858.
Riassunto : Attraverso la presentazione dei dati archeologici più recenti si prendono in esame gli aspetti di due centri urbani della Lucania meridionale, diversi per tradizione storica e collocazione geografica : un centro indigeno della Lucania interna, poi colonia romana, Grumentum; una colonia greca sulla costa ionica, Metaponto. Anche la loro evoluzione in età tardoantica risulta notevolmente differenziata. Già nella prima meta del V sec. Grumentum mostra i segni di una profonda crisi, che provoca un rapido spopolamento dell'area urbana e la probabile formazione di insediamenti rurali sparsi, spesso aggregati intorno a edifici di culto. Metaponto, sede di una consistente comunità cristiana con basilica e battistero, a partire dalla meta del IV sec. presenta una notevole ripresa demografica ed economica, che ha le sue basi nelle attività commerciali del porto e nella produzione agricola del territorio, e che viene bruscamente interrotta con la guerra greco-gotica.
... del presente articolo viene riportata per brevità solo la parte riguardante Metaponto
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2.1 Le fonti letterarie relative al periodo tardoantico e altomedioevale di Metaponto sono molto poche26, ed alcune di esse non vanno oltre la semplice menzione del centro nell'ambito di un generico e stereotipato elenco delle colonie greche della fascia ionica27. Tutte le altre si distribuicono in un arco di tempo compreso tra la metà del IV e gli inizi del XII secolo28, e forniscono soltanto una indicazione di tipo viario, citando Metaponto come statio della via costiera ionica collegante Taranto con la Calabria meridionale; in un solo caso - sulla Tabula Peutingeriana - si trova attestato l'insolito toponimo di Turiostu in luogo del tradizionale Metapontum . Di recente ho già illustrato gli elementi in base ai quali ritengo esatta la testimonianza fornita dalla Tabula, ed errata la correzione ad essa apportata da Miller, il quale, sorpreso dalla novità del nome Turiostu, lo attribuiva ad una statio da ubicarsi sul tracciato Grumentum - Heraclea29. Non ritorno pertanto sull'argomento, ma mi limito a ricordare e sottolineare l'importanza del recente ritrovamento, nell'area del castrum di Metaponto, di due miliaria di Giuliano l'Apostata, uno in giacitura secondaria e l'altro ancora in situ (fig. 7)30; unitamente alla Tabula, essi costituiscono una preziosa testimonianza diretta della recuperata im portanza dell'antica via costiera ionica e della connessa statio di Metaponto nel corso del IV secolo31. Alcuni diplomi medioevali della vicina abbazia di Montescaglioso32 attestano la persistenza del toponimo greco fino all'XI secolo, quando esso viene sostituito prima da Civitas Sanctae Trinitatis e poi, a partire dagli inizi del XIII secolo, da Turris Maris33. Questa ultima denominazione ne, nella forma volgare di Torre a Mare, ricorre su numerose carte nautiche e corografiche redatte tra XV e XVIII secolo34. Ancora a Torre di Mare sbarca, alla fine del 1700, l'abate di Saint-Non quando si reca a visitare i resti della colonia greca35..
2.2 Metaponto può considerarsi una delle poche colonie greche dell'Italia meridionale oggetto di una ricerca archeologica continua e sistematica36. Questa attività, finalizzata principalmente alla definizione delle strutture e dell'impianto urbano della città greca nelle sue diverse fasi di sviluppo, dal 1975 ha interessato anche il nucleo insediativo di età romana. I risultati emersi, oltre a confermare la cronologia finale della polis greca37, hanno evidenziato significativi elementi di novità rispetto alle conoscenze precedentemente acquisite : a) la continuità di vita di Metaponto dopo il III secolo a.C, sia pure nella forma di un insediamento notevolmente contratto e con una organizzazione urbanistica diversa, che ha nel castrum il suo nucleo principale, e nell'agorà un'area dapprima periferica (II-I secolo a.C.) e successivamente extraurbana (I-II secolo d.C.)38; b) la particolare rilevanza economica di questo nuovo abitato tra IV e VI secolo ; e) il suo abbandono definitivo verso la metà del VI secolo ; f ) la nascita, pochi chilometri più a sud, del complesso monumentale ed insediativo di Torre a Mare, topograficamente collegato con il nuovo corso del Basento, e le cui attestazioni archeologiche più antiche non risalgono, finora, oltre ΓΧΙ secolo39. Nel 1982 l'individuazione di una nuova area archeologica - la ed. zona Mele -, situata in prossimità della linea di costa antica ha suggerito per la prima volta l'ipotesi che, almeno a partire dalla seconda metà del IV secolo, l'abitato romano diMetaponto non fosse limitato alla sola zona del castrum, bensì si estendesse ulteriormente verso est, fino a raggiungere la linea costiera40. Fino ad oggi, lo scavo ha quindi interessato solo i settori occidentale (castrum) e orientale (zona Mele) di questo insediamento tardoantico, evidenziandone la concordanza delle fasi cronologiche e la diversità di destinazione : abitazioni e edifici pubblici nella prima, magazzini portuali nella seconda. L'area scavata all'interno del castrum tra gli anni 1977 e 1981 corrisponde, nell'ambito della polis greca, alla parte orientale dell'agorà, delimitata su questo lato da una stoà monumentale a due piani, non ancora riportata alla luce per tutta la sua lunghezza (fig. 5, in giallo). Al tessuto urbanistico greco appartengono anche lo stenopos e la plateia che fiancheggiano la stoà sui lati meridionale e orientale, nonché una seconda plateia nord-sud, il cui tracciato si interrompe in corrispondenza dell'agorà, ma la cui funzionalità viene conservata da un passaggio pedonale interno alla stoà . Per il periodo tardoantico, va sottolineato che le strutture individuate nell'area (fig. 5, in azzurro e rosso) confermano una continuità con l'impianto greco nell'orientamento e nella persistenza d'uso del tessuto stradale. L'unica alterazione sembra essere costituita da una maggiore rilevanza assegnata alla viabilità est-ovest, e quindi linea di costa - interno, rispetto a quella nord-sud; ai continui rifacimenti delle pavimentazioni dei due assi est-ovest per tutta l'età imperiale si contrappone, infatti, la scarsa utilizzazione della plateia nord-sud, la cui pavimentazione più recente appartiene alla parte finale del III secolo a.C. In età imperiale questa stessa plateia viene progressivamente invasa da ambienti e da scarichi di ceramiche42.
L'abbondanza dei materiali archeologici riferibili a questa fase atte sta una frequentazione intensa dell'area, mentre la distribuzione delle strutture murarie sembra suggerire il raggrupparsi degli ambienti secondo nuclei distinti e separati, la cui planimetria originaria sfugge ancora ad una chiara identificazione a causa della incompletezza della documentazione disponibile43. La presenza di macine per grano e la tipologia dei materiali ceramici rinvenuti inducono comunque ad identificare i vari nuclei con semplici case-fattorie, separate le une dalle altre, e con alcuni ambienti destinati alla conservazione di derrate alimentari44.
All'interno di questo abitato è presente anche un complesso di culto paleocristiano, costituito da una basilica con annesso battistero (fig. 5, in azzurro). La basilica, orientata est-ovest e con ingresso sul lato occidentale è a, pianta rettangolare priva di abside (m 13 χ 23 ca.), e per due terzi della sua lunghezza èsuddivisa in tre navate da colonnati a pilastri, con base modanata. Il presbiterio, situato ad una quota leggermente più alta rispetto a quella delle navate, conserva tracce di una pavimentazione originaria in coccio pesto. L'edificio appare realizzato quasi interamente ex nuovo, utilizzando blocchi squadrati di carparo, tutti di reimpiego e messi in opera senza l'uso di malta45. In assenza di una situazione stratigrafica significativa46, la datazione di questo edificio di culto ad un momento piuttosto antico, probabilmente anteriore alla metà del IV secolo, si basa su due dati archeologici di tipo indiretto. Un primo elemento è fornito infatti dalla grande fossa, scavata tra il battistero e il muro meridionale della basilica, e subito colmata con numerosi blocchi squadrati di carparo, tra i quali è stato ritrovato un miliarium iscritto di Giuliano l'Apostata (fig. 7, 1-2). Come già sostenuto in altra sede47, ritengo che l'ubicazione della fossa e le sue caratteristiche di riempimento inducano a collegarla con il voluto interramento, subito dopo la morte dell'imperatore Giuliano, di un piccolo monumento celebrativo, comprendente il miliarium e verosimilmente collocato all'interno della basilica, e per questo considerato elemento «profanatore» del luogo di culto. L'interesse, reale ο presunto, di Giuliano l'Apostata per la sistemazione della viabilità pubblica nell'area metapontina è testimoniata anche da un secondo miliarium, rinvenuto in giacitura primaria ai margini dell'asse est-ovest meridionale (fig. 5 e 7, 3) : la differenza di usura tra i due miliaria è notevole (fig. 7, 2-3), e conferma ancora una volta come il primo sia stato interrato poco tempo dopo la sua stessa realizzazione. Il secondo elemento è costituito dalla utilizzazione della basilica come complesso abitativo già nel corso del V secolo. La navata settentrionale il presbiterio vengono frazionati ed occupati con la costruzione di una serie di piccoli ambienti (fig. 5, R12 - R16), la cui cronologia di abbandono è ben documentata dai materiali ceramici rinvenuti nel vano situato nell'angolo sud-orientale del presbiterio, e distrutto da un improvviso e violento incendio (fig. 5, R12). Al suo interno èstato recuperato un ricco complesso di vasi, che provano con sufficiente evidenza la sua destinazione a deposito-cantina e il suo abbandono nel corso dell'ultimo quarto de l V secolo. Si tratta di una quarantina di vasi, tutti interamente ricostruibili e con segni inconfondibili di una lunga ed intensa esposizione al fuoco (fig. 8-10). La classe più numerosa è quella delle anfore commerciali ,che rappresentano quasi una campionatura di tutti i tipi maggiormente diffusi nelMediterraneo nel corso del V secolo : di produzione orientale sono un esemplare di LRA 1 (fig. 8, 1), due di LRA 2 (fig. 8, 2) e due della piccola LRA 3, dalla caratteristica argilla scura fortemente micacea (fig. 10, l)48; alla produzione africana appartengono un esemplare di tripolitana (fig. 8, 4) e quattro«contenitori cilindrici», pertinenti a varianti tunisine diverse (fig. 8, 3)49; di probabile provenienza spagnola sono tre esemplari dalla caratteristica argilla giallognola (fig. 10, 2)50. La ceramica comune, dipinta ο acroma, è presente unicamente con forme connesse con l'uso di liquidi : quattro brocche e tre vasi con beccuccio (fig. 9, 1-4); la non casualità di queste forme è poi marcata dalla presenza di alcuni imbuti fittili (fig. 9, 5). La datazione di questo complesso all'ultimo quarto del V secolo èindicata da tre grandi piatti in sigillata - due della forma Hayes 3 della LRC (fig. 10. 4-6) e uno della forma Hayes 87 A della ARSW (fig. 10, 3) - che risultano ben documentati in depositi dell'agorà di Atene datati al 460-475 d.C.51. Il battistero, attiguo al corpo centrale della basilica e comunicante con essa (fig. 5)52, presenta una vasca battesimale realizzata in opera cementizia, con spesso rivestimento in malta, ed è attualmente priva di canali per l'adduzione ο il deflusso dell'acqua (fig. 6, 3)53. La forma quadrilobata, a profilo esterno circolare (diam. m 2,75), corrisponde a quella di un tipo ben attestato nell'area mediterranea, e i cui esempi sono datati prevalentemente al VI secolo54; a questa stessa cronologia riportano an che alcuni fonti battesimali geograficamente più vicini, quali quelli sardidi Nurachi, Tharros e Cornus55. L'esemplare metapontino sembra però datarsi ad un momento più antico, data la probabile pertinenza della basilica e del battistero ad un medesimo progetto edilizio. Il precoce abbandono della prima come luogo di culto nel corso del V secolo, e una moneta di bronzo di Valentiniano II, rinvenuta nello strato che distingue le due pavimentazioni a lastre di calcare, marginanti lateralmente la vasca battesimale (fig. 6, 3), inducono a sostenere una frequentazione del battistero già nel corso della seconda metà del IV secolo. Sarà compito di una futura ricerca individuare le diverse fasi costruttive del monumento 56 e soprattutto verificare l'eventuale presenza, nell'area circostante, di una seconda basilica, la cui esistenza viene supposta dalla continuità di frequentazione del fonte battesimale nel corso del V e della prima metà del VI secolo57.
Sul finire del V secolo in questo settore dell'abitato si avvertono i segni di un disturbo, caratterizzato dallo svilupparsi di numerosi incendi, che causano l'abbandono improvviso delle abitazioni e dei materiali in esse contenuti. Il ritrovamento di più depositi, perfettamente identici per tipologia e cronologia dei materiali ceramici a quello rinvenuto nel presbiterio, porta sia a riconoscere una specifica destinazione a magazzino di numerosi ambienti 58, sia ad estendere il fenomeno distruttivo all'intera area scavata.
La documentazione materiale, esemplificata da elementi ceramici e numismatici, indica una successiva rioccupazione dell'area, meno intensa di quella del periodo precedente, e limitata alla prima metà del VI secolo. Subito dopo, si assiste all'abbandono totale e definitivo di questa parte dell'abitato, documentato dall'assenza di materiali archeologici posteriori alla metà del VI secolo, e confermato dal rinvenimento di un gruppo di 3 sepolture, situate a ridosso del grande edificio a pianta quasi quadrata (fig. 5) 59. I corredi rinvenuti in due di esse, entrambe femminili, consento-no uno stretto collegamento con quelli delle necropoli longobarde presenti in Italia tra la fine del VI e la metà del VII secolo. In particolare, la tomba 3, a deposizione doppia 60, ha restituito una coppia di orecchini in argento del tipo a cestello, che rappresentano il ritrovamento più meridionale tra quelli finora noti 61. La tomba 2, monosoma, è riferibile ad una giovinetta, ed il corredo recuperato all'interno propone, oltre ad un velo con bordura a fili d'oro intrecciati62, una collana con 4 vaghi (3 in oro e 1 in corniola), un bracciale e un anello d'argento, e una fibula in bronzo con arco a forma di cavalluccio 63.
Gli interventi di scavo effettuati nella parte costiera dell'abitato tardoantico di Metaponto, corrispondente alla zona Mele (fig. 4) 64, hanno permesso di ampliare ulteriormente il quadro offerto dalla zona interna. Dopo una prima utilizzazione come necropoli monumentale in età ellenistica 65, la zona Mele risulta occupata solo a partire dalla seconda metà del IV secolo d.C. Nella parte finale del V secolo essa viene interessata dallo stesso evento improvviso e distruttivo, che è stato già evidenziato per l'area del castrum, e che anche in questo caso provoca un esteso incendio e la distruzione improvvisa dei materiali presenti nei diversi ediici. Immediatamente ricostruiti, questi ultimi risultano ancora utilizzati nel corso della prima metàdel VI secolo, mentre la totale assenza di cera miche e monete, posteriori a questa data, ne definisce il successivo e definitivo abbandono. Nonostante la limitatezza dell'area esplorata (m. 30 x 30), la zona Mele ha restituito un complesso di strutture organizzate secondo un probabile impianto regolare, e con un orientamento di poco diverso da quello delle strutture del castrum (fig. 5 e 11)66. I vari edifici, a pianta rettangolare e separati gli uni dagli altri, si dispongono sulla sommità (fig. 11, M3) e sul pendio (fig. 11, Ml, M2 e M4) di una duna di sabbia, mentre la costante ubicazione degli ingressi sul lato occidentale prova il loro gravi tare verso un'area interna, ancora non interessata dallo scavo67. Sul retro degli edifici, corrispondente al lato orientale, è reiterata la presenza di una notevole quantità di grano carbonizzato, rinvenuto sparso nel terreno sabbioso, oppure entro anfore commerciali. Inoltre, il continuo ricorrere di residui lignei carbonizzati propone l'esistenza di piani pavimentali e di probabili tettoie esterne, sistemate a protezione dei vari contenitori68. La destinazione specifica a magazzini è evidente per almeno due del le strutture scavate (fig. 11, Ml e M4), ed è sostenuta sia dalla pianta a semplice struttura monocellulare, sia dalla forte concentrazione di anfore commerciali. Una destinazione diversa, probabilmente ad «ufficio», e comunque connessa con la registrazione e il controllo di attività commerciali è, proponibile invece per l'edificio più settentrionale (fig. 11, M2)69. Oltre ad una planimetria interna più complessa, articolata in ambienti e comprendente un piccolo bagno, esso ha infatti restituito una serie di oggetti dalle caratteristiche particolari : una bilancina frammentaria di bronzo ; più esemplari di uno strumento in bronzo generalmente definito specillum, ma la cui identificazione con uno stilo sembra in questo caso piùvalidamente proponibile; e un sigillo in piombo con l'iscrizione ΤΙΡΟ.ΘΕΟΥ ai lati di un chrismon (fig. 12). Anche questo edificio viene distrutto dall'incendio della fine del V secolo, ed immediatamente ricostruito con una diversa articolazione planimetrica; tutti i piccoli oggetti appena descritti provengono dalla fase di vita dell'« ufficio» di V secolo. Nell'insieme, i dati di scavo e la morfologia dell'area propongono l'esistenza di uno stretto collegamento topografico e funzionale tra gli edifici-magazzino della zona Mele e una struttura portuale, probabilmente corrispondente a un bacino retrodunale riconoscibile tra l'area abitata del castrum e la linea di costa antica; la sua alimentazione ed il ricambio idrico sarebbero stati assicurati da un'ansa fluviale del Basento. La fotografia aerea consente, infatti, di apprezzare le numerose variazioni del corso del fiume, la vecchia foce, ed il formarsi continuo di bacini nella fascia intermedia, attualmente caratterizzata da spesse colmate alluvionali di limi e depositi argillosi70. Proprio in corrispondenza del bacino formatosi in prossimità del settore meridionale del castrum, si nota il convergere di un asse viario con andamento rettilineo, che collega il territorio con l'area portuale71.
2.3 Di contro al quadro storico solitamente proposto per l'abitato di Metaponto in età romana, e condizionato dal modello della colonia greca in progressiva decadenza72, le fonti archeologiche ed epigrafiche di recente acquisizione forniscono un'immagine del tutto differente sull'evoluzione urbanistica ed economica del centro dopo gli eventi violenti e traumatici del III secolo a.C.73. La ricca documentazione relativa al periodo tardoantico da un lato ne conferma la continuità d'occupazione, dall'altro ne evidenzia la significativa e generale ripresa demografica ed economica. Nel corso del IV secolo l'abitato di Metaponto supera i ristretti limiti del castrum e si estende verso est, fino ad impegnare parte della linea di costa, in stretta dipendenza topografica con una struttura portuale, ancora da definire nella sua forma ed articolazione74. L'impianto complessivo sembra presentarsi con marcati elementi di regolarità e di organizzazione programmata : viabilità ed edifici conservano ancora i tracciati e l'orientamento della cittàgreca, mentre appare funzionale la collocazione di abitazioni private e strutture pubbliche nella zona interna (castrum)75, e di edifici destinati all'immagazzinamento e alla commercializzazione di merci (tra le quali sicuramente i cereali) nella fascia costiera (zona Mele). Anche la viabilità pubblica extraurbana appare realizzata secondo esigenze ben precise. Il tracciato, infatti, creato ex uovo, in questo periodo, ο forse risistemato sulla base di precedenti presenze viarie, risponde all'evidente funzione di collegamento rapido tra porto, abitato e territorio, e di raccordo con la via costiera ionica (fig. 4). L'impianto della basilica con annesso battistero testimonia l'esistenza di una consistente comunità cristiana a Metaponto già a partire dalla seconda metà del IV secolo, mentre la suggestiva ipotesi della presenza di una sede vescovile, mai menzionata nei testi letterari, necessita di ulteriori e più sicure conferme76. L'elemento più sorprendente ed importante della Metaponto tardoantica è indubbiamente rappresentato dell'attività economica del porto. La massiccia presenza di anfore commerciali d'importazione africana ed orientale in entrambi i settori dell'abitato (castrum e zona Mele), unitamente alla loro varietà tipologica, confrontabile con quella attestata nella stessa Cartagine, provano l'effettiva partecipazione del porto metapontino ai circuiti commerciali attivi nel Mediterraneo nel corso del V secolo. Per Metaponto va anche segnalata la prevalenza delle produzioni orientali su quelle africane : alla netta maggioranza numerica degli esemplari di Late Roman Amphora i e 2 su tutti gli altri contenitori da trasporto, si affiancano l'attestazione della sigillata cipriota e l'abbondanza della Late Ro man C, esemplificata non soltanto dalla diffusissima patera Hayes F 3, ma da tutte le forme di questa classe, prodotte nel V e nella prima metà del VI secolo. Le forti concentrazioni di contenitori e di cereali carbonizzati, atte state specialmente all'esterno dei magazzini della zona Mele, impongono anche il riconoscimento di uno stretto collegamento tra le attività del porto metapontino e la produzione del territorio, la cui ripresa economica a partire dal IV secolo è stata prima indiziata dalle ricognizioni di superficie e, poi documentata dagli scavi di J. C. Carter77. Nel corso del V secolo, Metaponto partecipa alla ripresa produttiva e commerciale che interessa la Lucania interna, e che ha nel ricco complesso di S. Giovanni di Ruoti uno degli elementi più significativi e meglio noti78. Nella parte finale del secolo entrambe le zone interessate dallo scavo appaiono investite da un incendio improvviso, che pone i primi e inequivocabili segni di una crisi immanente. L'abitato della prima metà del VI secolo, infatti, non presenta la stessa quantità e varietà di materiali della fase precedente, ed anche la frequentazione sembra esaurirsi gradualmente. Al pari di quanto già noto per altre città costiere della Magna Grecia79, ο per il già citato S. Giovanni di Ruoti, la guerra greco-gotica* sembra coincidere con la cessazione di ogni attività del porto e del territorio metapontino e con lo spopolamento dell'abitato. Il piccolo sepolcreto di fine VI - prima metà VII secolo costituisce una testimonianza archeologica finora isolata80, e viene a collocarsi in un paesaggio di rovine, appartenenti ad un abitato ormai abbandonato81. L'assenza di documentazione materiale corrispondente al periodo compreso tra la fine del centro antico (metà VI secolo) e la ripresa del nuovo nucleo di Torre a Mare (prima metà dell'XI secolo) consente, al momento, solo la formulazione di ipotesi basate sul legame topografico abitato-corso del Basento, e sulla accertata tendenza del fiume a spostarsi verso sud. Il riconoscimento del lago di S. Pelagina come sede del porto e dell'insediamento di VII-X secolo, proposto da G. Noyé82, rimane pertanto solo una valida ed accettabile proposta. Tuttavia, va ricordato che i resti dell'edificio di culto con relative sepolture, esaminati da Lacava alla fine dell'80083, non hanno restituito sufficienti elementi di datazione; inoltre, l'abate di Saint-Non e Lenormant avevano avuto modo di osservare direttamente tracce di strutture murarie sotto il livello dell'acqua84, ma anch'essi non hanno potuto fornire nessuna indicazione cronologica. Per tanto, la sospetta pertinenza dei resti archeologici della zona di S. Pelagina alla Civitas Sanctae Trinitatis attende ancora un'auspicabile verifica di scavo. 3. La contrapposizione dei dati archeologici relativi alla fase finale di Grumentum e Metaponto evidenzia la decisiva e diversa importanza del V secolo per entrambi i centri. Per Grumentum, la parte iniziale di questo secolo segna l'avvio di un progressivo e rapido spopolamento dell'area urbana, probabilmente a vantaggio del formarsi di insediamenti rurali, distribuiti nel suo vasto territorio e spesso aggregati intorno a luoghi di culto (S. Maria l'Assunta, S. Marco). Per Metaponto, invece, questo stesso secolo corrisponde alla fase di maggiore ripresa economica, che si manifesta attraverso il rinnovato impegno produttivo del territorio, nuovamente occupato con numerosi impianti agricoli, ed attraverso le attivitàcommerciali del porto, interessato da traffici di ambito mediterraneo.
Liliana Giardino
note:
26 Giannotta, Metaponto, cit., 1979, p. 69-72.
27 AviEN, III, 516; Prisc, Perieges., II, 362.
28 Ta, VII, 1 ; An. Rav. IV, 31 e V, 1 ; Guid., 29 e 72.
29 V. supra, p. 2 e nota n. 3.
30 Giardino, Metaponto tardo-imperiale, cit., 1982, p. 155-159, nota η. 95, etav. 43-48.
31 Sulla «rinascita» della viabilità pubblica in Lucania e nell'Italia meridionale in genere posteriormente all'età costantiniana, e sul probabile collegamento con leesigenze annonararie di Roma, v. Lepore-Russi, Lucania, cit., 1973, p. 1941.
32 S. Tansi, Historia cronologica monasterii S. Michaelis Archangeli Montis Caveosiab anno MLXV ad annum MCDLXXXIV, Napoli, 1746.
33 M. Lacava, Topografia e storia di Metaponto, Napoli 1891 [Matera 1973],
p. 179-184, e 243 sg.; G. Noyé, Les enseignements géographiques des fouilles du château de Métaponte, in Bull. Ass. géographes français, 499, 1984, p. 21. (inizi 1600), Hondius (1627), Salmon (1761) e A. Zatta (1783).
35 J. Ci. R. de Saint-Non, Voyage pittoresque ou description des Royaumes de Naples et de la Sicilie, III, Parigi, 1783, p. 76-81.
36 È difficile sintetizzare in una singola nota tutta la ricca bibliografia prodottasu Metaponto in quest'ultimo periodo. A titolo esemplificativo ricordo gli Atti delXIII Convegno di studi sulla Magna Grecia, dedicato a Metaponto, ed alcuni lavoripiù recenti a carattere generale : D. Adamesteanu-D. Mertens-F. D'andria, MetapontoI, NSc , C, 1975, suppl. [1980]; D. Mertens, Metapont. Ein neuer Plan des Stadt zentrums, in A4, 1985, 4, p. 645-671.
37 Un abbandono parziale nel corso della prima metà del III secolo a.C. è docu mentato con evidenza per l'area del santuario di Apollo Licio (Mertens, Metapont
cit. 1985, p. 664), del kerameikos (D'Andria, Metaponto cit., 1975 [1980], p. 446), delteatro (Mertens, ibidem p. 668 ; A. De Siena, Scavo del teatro-ekklesiasterion diMetaponto, in Atti del XVIII Convegno di studi sulla Magna Grecia - Toronto 1978,Napoli, 1979, p. 365), e di diversi tratti delle fortificazioni (A. Bottini in Atti del XXV Convegno di studi sulla Magna Grecia - Toronto 1985, Napoli, 1986, p. 469).Per un discorso complessivo sul III secolo a.C. v. A. de Siena, // castro romano diMetaponto, in Basilicata. L'espansionismo romano, cit., 1990, p. 301 sg.
38 L'estremità occidentale di questa piazza viene occupata da un piccolo comp lesso industriale in età tardo-repubblicana (A. Bottini, in Atti XXIII Convegno distudi sulla Magna Grecia - Toronto 1983, Napoli 1984, p. 459-460), e da un nucleo dinecropoli in età flavio-traianea e antonina (Idem, in Atti XXV Convegno di studisulla Magna Grecia - Taranto 1985, Napoli, 1986, p. 469).
39Lacava, Topografia e storia, cit., 1891 [1973], p. 178 sg. ; Noyé, Les enseignementgsé ographiques, cit., 1984, p. 21-23; D. Dufournier-A. M. Flambard-G. Noyé, Àpropos de céramique «RMR» : problèmes de définition et de classement, problèmesde répartition, in La ceramica medievale, cit., 1986, p. 257 sg.
40 Giardino, // porto di Metaponto, cit., 1983, spec. p. 6-7 e 16-19.
41 L. Giardino, Metaponto 1977. La campagna di scavo nell'area del castrum, in
Atti XVII Convegno di studi sulla Magna Grecia - Toronto 1977, Napoli, 1978, p. 413-429; Mertens, Metapont, cit., 1985, p. 668-669.
42 Giardino, Metaponto tardo-imperiale, cit., 1982, p. 159-160. Le pavimentazioni stradali di età imperiale sono realizzate con un battuto poco coerente di malta e frammenti fittili ; quella ellenistica della plateia nord-sud da ciottoli di fiume e sabbia pressati.
43 Ai sensibili sconvolgimenti provocati da un'intensa attività agricola si devonoaggiungere, nel caso di Metaponto, anche quelli collegati al continuo depreda mento dei blocchi squadrati, iniziato già in età antica e successivamente protrattosifino ad età moderna (Adamesteanu, Metaponto, cit., 1975 [1980], p. 18-23).
44 V. il complesso di vasi presentati infra, alle p. 18-21. Una destinazione pubblica, forse di tipo religioso ma ancora da precisare con sicurezza, va molto probabilmente attribuita al grande edificio (m 10 χ 12 ca.) situato sull'area dell'agorà
greca e il cui muro orientale utilizza un tratto del colonnato della stoà (fig. 5). Nel1979, quando il suo scavo non era stato ancora ultimato, il rinvenimento di due tombe, allineate all'esterno del lato orientale, suggerì la sua identificazione conun'aula di culto (Lattanzi, Edifici paleocristiani, cit., 1983, p. 14-15); ma ν. Quanto detto infra, p. 24-25 e nota n. 59.
45 Soltanto i muri settentrionale e orientale del presbiterio corrispondono a strutture preesistenti della stoà ellenistica (fig. 5, a tratteggio). La tecnica costruttivina opera quadrata appare eccezionalmente utilizzata solo nella basilica, mentrepiù problematica è la documentazione relativa al battistero (v. infra, p. 21-24). Tutte le altre strutture tardoantiche sono sempre prive di malta, e realizzate con materiali etereogenei di piccole dimensioni.
46 Alcuni saggi hanno documentato che le fondazioni del muro meridionale della basilica e dei pilastri del colonnato hanno tagliato uno spesso strato tardorepubblicano,immediatamente sottostante ai livelli pavimentali della basilica.
47 Giardino, Metaponto tordo-imperiale, cit., 1982.
48 S. J. Keay, Late Roman amphorae in the Western Mediterranean (BAR, Int.Series, 196), 1984, type LUI A, p. 268-278 (= LRA 1); type LXV, p. 352-357 (= LRA 2); type LIV bis, p. 286-289 (= LRA 3).
49 L'esemplare n. 3 di fig. 8 corrisponde a Keay, Late Roman Amphorae, cit., 1984, type XXV, p. 184-212; dei restanti tre, due sono del tipo XI (ibidem, p. 133-136, = tripolitana III) e uno del tipo XXVI i (ibidem, p. 212-219).
50 Solo probabile è l'identificazione con il tipo XIII Β di Keay (ibidem, p. 140-146).
51 AA.VV., Atlante, cit., 1981, tav. CXI, n. 11, p. 232 (ceramica microasiatica,
forma Hayes 3B) ; tav. XLI, n. 5-7, p. 93-94 (ceramica africana, forma Hayes 87 A).Per il tipo particolare di decorazione presente sul piatto in africana, si rinvia aquanto già detto in Giardino, II porto di Metaponto, cit., 1983, p. 27-28.
52 L'edificio (m 12,25 χ 8 ca.) presenta tracce di un secondo ingresso sul lato
meridionale, e resti di una pavimentazione in cocciopesto limitatamente alla parte settentrionale, probabilmente porticata. Il lato orientale, corrispondente a un trattodel muro perimetrale della stoà, attualmente risulta totalmente asportato in seguito al depredamento dei blocchi, che in questo tratto è arrivato fino al filare di fondazione.
53 Tutta la parte nordorientale della vasca è mancante (fig. 6, 3), probabilmentedistrutta da quegli interventi di recupero dei blocchi citati alla nota precedente.
54 A. Khatchatrian, Les baptistères paléochrétiens, Parigi, 1962, p. 38 e 142. MEFRM 1991, 2. 55
55 R. Zucca, II battistero di Nurachi, in L'archeologia romana e altomedievale nell'Oristanese, Atti del Convengo di Cuglieri - 1984, Taranto, 1986, p. 23-32, tav. IIV.
56 Attestate, oltre che dal rifacimento della pavimentazione contigua al fonte, anche da un restringimento dei sedili nella fase più recente (fig. 6, 3).
57 II perfetto stato di conservazione della vasca induce a supporre, diversament e dalla basilica, una sua continua utilizzazione fino al momento finale di frequentazione dell'area.
58 Complessi di vasi interamente ricostruibili e con tracce di una prolungata
esposizione al fuoco sono stati rinvenuti in quasi tutti gli ambienti numerati allafig. 5.
59 In un primo momento queste tombe erano sembrate in stretto collegamento con l'edificio stesso, e quindi considerate contemporanee ad esso (v. supra, notan. 44). Successivamente, l'ubicazione della tomba n. 3 sull'ingresso dell'edificio e lacronologia dei corredi rinvenuti hanno chiarito la loro pertinenza alla fase di abbandono dell'abitato.
60 La scarsa profondità della sepoltura, rinvenuta priva della copertura e quindi disturbata dai lavori agricoli, non esclude una parziale dispersione del corredo originario.
61 A. Melucco Vaccaro, Oreficerie altomedievali da Arezzo. Contributo al proble
mdael l'origine e della diffusione degli «orecchini a cestello», in BdA, LVII, 1972, I,p. 8 sg. : tipo 2b, p. 1 1-12, spec. fig. 17 (prima metà VII secolo); C. D'Angela, Le oreficerie, in Gli scavi del 1953 nel Piano di Carpino (Foggia). Le terme e la necropoli altomedievale della villa romana di Avicenna, a cura di C. D'Angela, Taranto, 1988,tav. LXV, 2 (in oro) e 3 (in argento), p. 141-142 (tipo di origine tardoantica, romano-occidentale, abbastanza frequente in tombe indigene e longobarde di VI-VIIsecolo) e 146. V. anche la relazione di C. D'Angela in questo stesso volume.
62 Un ritrovamento dello stesso tipo è in Melucco Vaccaro, Oreficerie alto medievali, cit., 1972, fig. 1 e p. 8-9 : tomba 57,con corredo di gioielli datati alla prima metà del VII secolo, ed attribuita ad « una piccola longobarda di altro rango».
63 Una prima presentazione di questa tomba è in Lattanzi, Edifici paleocristian
icit.,, 1983 , p. 18 e fig. 3. L'elemento datante del corredo è costituito dalla fibula zoomorfa, che tuttavia ha una collocazione generica nell'ambito del VI-VII secolo ;un confronto non stretto è in M. R. Salvatore, Antichità altomedievali in Basilicata,in La cultura in Italia fra Tardo antico e alto Medievo. Atti del Convegno - Roma
1979, Roma, 1981, p. 460-461, fig. 19 : da tomba di Atella di seconda metà VII secolo.Si rinvia al precedente articolo soprattutto per la ricca scheda bibliograficarelativa a questo tipo di fibula.
64 Per una esposizione dettagliata delle principali connotazioni archeologiche di quest'area, si rinvia a Giardino, // porto di Metaponto, cit., 1983, p. 5sg. ; Ead., Metaponto 1986. La campagna di scavo nell'area del porto romano, in Atti XXVI
Convegno di studi sulla Magna Grecia - Taranto 1986 (in corso di stampa).
65 A. de Siena, Metaponto 1982, in Magna Graecia, XVIII, 1983, 1-2, p. 20; Id., //castro romano, cit., 1990, p. 304 e 306; Giardino, II porto di Metaponto, cit., 1983,p. 10.
66 Entrambi gli impianti hanno un orientamento NE-SW, ma con una diversa inclinazione verso est (Giardino, ibidem, p. 9, nota n. 19).
67 La difinizione delle sue caratteristiche architettoniche e funzionali costituiràl'obiettivo specifico delle prossime campagne di scavo.
68 Giardino, Metaponto 1986, cit. (in corso di stampa).
69 Ibidem.
70 Un'articolata lettura storica e topografica di quest'area è stata proposta da
De Siena, // castro romano, cit., 1990, p. 301 sg.
71 Giardino, II porto di Metaponto, cit., 1983, p. 16-18, tav. 1-2.
72 Giannotta, Metaponto, cit., 1979, p. 93. V. anche le stimolanti osservazioni diD. Asheri in Athenaeum, LXII, 1984, 1-2, p. 355-356.
73 Per una messa a punto recente sulle trasformazioni urbanistiche avvenute a Metaponto nel corso di questo secolo, e sulle motivazioni che le possono aver provocate, v. De Siena, // castro romano, cit., 1990, p. 301 sg.
74 V. supra, p. 28.
75 Al battistero e alla basilica paleocristiani va aggiunto l'edificio termale individuato m 80 ca. a sud dei precedenti, nella zona ed. dell'incrocio (Giannotta,Metaponto, cit., 1979, p. 78.
76 G. Noyé, Quelques observations sur l'évolution de l'habitat en Calabre du Ve au XIe siècle, in Rivista studi bizantini e neoellenici, XXXV, 1988, p. 66 e 83.
77 J.C. Carter, Excavations in the Territory, Metaponto, 1980, Austin, 1980,p. 22-26.
78 Lo scavo di S.Giovanni di Ruoti, cit., 1983, p. 21 sg. ; A.M. Small- J. Freed,S. Giovanni di Ruoti (Basilicata). Il contesto della villa tardo-romana, in Società romana e impero tardoantico, a cura di A. Giardina, III, Bari, 1986, p. 97-129.
79 C. D'Angela, in Atti XVII Convegno di studi sulla Magna Grecia - Toronto
1977, Napoli, 1978, p. 169; Noyé, Quelques observations, cit., 1988, p. 109.
80 Le presenze «tarde» segnalate da Lacava nella zona del lago di S. Pelagina
{Topografia e storia, cit., 1891 [1973], p. 95-97) non sono purtroppo inquadrabili inuna cronologia più circoscritta. V. anche infra.
81 Come è documentato con evidenza dalla tomba n. 3, contemporanea alla n. 2 e ubicata sull'ingresso del grande edificio quasi quadrato (fig. 5), di cui ha distruttoparte del muro settentrionale, che evidentemente non era più visibile a livello del suolo.
82Noyé, Les enseignements géographiques, cit., 1984, p. 21-22; Ead., Quelques observations, cit., 1988, p. 122-124.
83 V. supra, nota n. 80.
84 Saint-Non, Voyage pittoresque, cit., 1783, p. 76-81; F. Lenormant, La Grande Grèce. Paysages et Histoire, Parigi, 1881 [Cosenza, 1961], p. 158.
* La Guerra greco-gotica fu responsabile di uno dei periodi più orrendi della storia d’Italia: dopo quasi un ventennio di guerre e devastazioni, era un paese impoverito e stremato; la popolazione decimata da razzie, fame e malattie, in particolare da una tremenda epidemia di peste.